Chiarisco che per misteri intendo piccoli dubbi, brandelli di piccole storie che mi incuriosiscono. Nulla di sensazionale ma tessere che mi diverto a mettere insieme per comporre, se possibile, un mosaico più chiaro sull’identità dell’Aspromonte e di chi lo ha abitato.
Nel 2021, in occasione della ricerca linguistica condotta nell’area di Roghudi, tra i circa 300 toponimi riferiti dagli anziani mi aveva colpito fontana di bronzo, da loro ubicata nei pressi dell’attuale diga del Menta. Il toponimo non era riportato sulle carte dell’IGMI del 1990 o degli anni ’50 e nemmeno nella C.T.R. scala 1:10.000 del 1957. Mi ricordai però che anni fa all’Archivio di Stato avevo consultato una carta del 1874, relativa alla parte alta della fiumara Amendolea, con un elenco di toponimi e relative confinazioni. Andai a rivederla e, colpo di scena, il perito agrimensore Giovambattista Cotronei riportava: fontana di bronzo!
Quindi il toponimo trasmesso oralmente aveva anche una conferma documentale!
Sul significato del toponimo scartai l’ipotesi che interpretava bronzo come derivante da ronzo=ronzino, asino e quindi fontana ru sceccu. Anche in questo caso mi affidai alla fonte orale e seppi che, nell’area grecanica e anche ad Africo, quando si deve citare una sorgente dalla portata copiosa e con acqua fine si dice nesci nu bronzu d’acqua.
Rimaneva da individuare la fontana.
Con l’aiuto del cartografo dr. Francesco Manti la collocazione sembrava coincidesse con la fonte posta all’inizio del sentiero che accede o schicciu da Spana meglio conosciute come cascate di Maesano. Ma questa fonte per i locali è detta fontana da Serra, per la presenza nel passato di una segheria.
Successivamente feci un sopralluogo con l’arch. Domenico Malaspina, esperto di viabilità antica. Trovammo, in una pendice tra i faggi, una sorgente con una cospicua portata d’acqua. Il sito era stato però modificato dalle frane, dalle radici degli alberi, dai cinghiali. Comunque ritenemmo potesse essere stata la sorgente che alimentava la fontana di bronzo. E nel 2022 ne diedi notizia sui social.
Ma la storia non era finita. L’anno scorso fui avvicinato da Antonio Maesano, vicedirettore della Coldiretti, che con toni garbati mi disse che quella che avevo preso per fontana di bronzo non lo era.
La sua famiglia è originaria di Roghudi e allevava bovini proprio nelle montagne sopra il paese, giungendo, nella bella stagione, sino alle pendici di Montalto. La fontana di bronzo era quindi ben conosciuta dagli anziani di Roghudi e di Ghorio di Roghudi e Antonio ne conosceva l’ubicazione. Gli chiesi allora di guidarmi sul posto e, finalmente, una domenica di novembre ci siamo dati appuntamento alla diga del Menta.
L’escursione, al di là dell’obiettivo della mia ricerca, fu emozionante perché Antonio, accompagnato dal fratello Salvatore, conosceva molto bene i luoghi e la vita che vi scorreva. La montagna, raccontata da loro, si ripopolò di toponimi, aneddoti, attività, boscaioli, pastori, animali.
Imboccammo la pista che, dalla confluenza del torrente Menta con l’Amendolea, sale ai campi di Lia. Superato il tratto più ripido lasciammo la pista per individuare, sotto di essa, un sentiero appena accennato che seguiva la curva di livello. Eravamo all’origine dell’impluvio sotto il quale si trovava la “fontana” individuata con Malaspina. Una decina di minuti di cammino ed eccola, in un incavo della roccia, la vera fontana di bronzo.
Insediata dalle radici dei faggi ma con una piccola conca dove si raccoglieva l’acqua limpida e gelida. I fratelli Maesano avevano portato qualche piccolo attrezzo coi quali cercare di rimediare all’abbandono della fontana e una bottiglia che riempirono d’acqua. Immaginai la commozione dei loro anziani ai quali l’avrebbero portata.
Tornai lieto di aver conosciuto l’altro Aspromonte.
- Le coordinate della fontana di bronzo sono nella mappa dei toponimi
- Altre fonti lungo i sentieri del Parco sono descritte nella mappa delle sorgenti