Erano gli anni ’90 del secolo scorso e avevo creato la cooperativa Nuove Frontiere, prima struttura nel sud Italia che offriva servizi nel turismo naturalistico trasformando così la mia passione in attività professionale. Questo in una montagna, l’Aspromonte, che da problema stava divenendo risorsa.
Erano ormai diverse le sezioni CAI del nord Italia e anche qualche gruppo di tedeschi che camminavano in Aspromonte.
I pernottamenti, tuttavia erano in tenda, eccetto il primo e l’ultimo giorno, o al meglio in caselli forestali non attrezzati per l’ospitalità. Insomma, il comfort era minimo.
Il salto di qualità si ebbe ispirandoci a Edward Lear, un viaggiatore inglese che peregrinò per l’Aspromonte nel 1847 lasciando splendidi acquarelli e un gustoso diario dove scrive:
“Il sistema di viaggio che io e il mio compagno adottammo … era il più semplice ed anche il meno costoso: abbiamo; infatti, compiuto l’intero viaggio a piedi (…) in Calabria, un asino per caricarvi quel po’ di bagaglio che avevamo portato con noi, ed una guida (…) Poiché in quelle province non ci sono alberghi (…) il viaggiatore deve sempre contare sull’ospitalità di qualche famiglia, in ogni città che visita”.
La sua formula fu il nostro obiettivo. La scintilla che avviò il coinvolgimento degli abitanti dei paesi scoccò per l’incontro casuale tra un mio gruppo di escursionisti e i giovani della neonata cooperativa San Leo di Bova. Questi raccontano: “Il primo gruppo di persone che abbiamo avuto veniva da Roghudi guidati da Alfonso Picone Chiodo di Nuove Frontiere e ci chiese da mangiare perché c’era stato un malinteso con il pastore con il quale avevano l’accordo” “Avevamo un negozietto per vendere frutta e verdura. Alfonso ci chiese: se non c’è un ristorante, almeno potete farci un’insalata? Potete fare altro? E da lì poi è iniziata l’interazione”.
L’idea andava però strutturata. Nel 1993 ci venne in aiuto il WWF Italia che incaricò la società Eco&Eco di elaborare il progetto “Ospitalità diffusa in Aspromonte orientale”. Prendendo spunto dalla formula adottata da Lear bisognava creare un’offerta per il turismo escursionistico, caratterizzata dall’uso delle abitazioni nei paesi come strutture di accoglienza per il vitto e l’alloggio dei visitatori. Il progetto per realizzarsi necessitava non tanto di investimenti, quanto di capacità, motivazioni, disponibilità all’iniziativa, spirito di collaborazione. Un progetto che fu di stimolo per la società civile della zona e strumento di promozione delle energie sociali presenti in quei paesi dell’Aspromonte. In particolare, dimostrò come una iniziativa di sviluppo compatibile possa fondarsi sulle risorse ambientali e umane presenti nell’area, opportunamente organizzate e coordinate.
In questo processo ci fu di aiuto il programma europeo di animazione CADISPA, (Conservation And Development In Sparsely Populated Areas) grazie al quale coinvolgemmo la gente dei paesi e per prime le donne. Recuperarono e riadattarono parte dell’inutilizzato patrimonio abitativo ma soprattutto aprirono le loro case al turista che divenne ospite offrendogli un’esperienza coinvolgente a contatto con la cultura e le tradizioni delle popolazioni aspromontane. E fu anche importante per quanti vennero coinvolti che acquistarono dignità e consapevolezza del valore della propria cultura, sino allora negletta.
Col Sentiero dell’Inglese avevamo inventato l’Ospitalità Diffusa.
Il Cammino è lungo circa 110 km, suddiviso in 6 tappe giornaliere immerse nella macchia mediterranea punteggiata da suggestivi scorci panoramici sul mar Ionio e le caratteristiche fiumare. Attraversa i paesi di Pentidattilo, Bagaladi, Amendolea di Condofuri, Bova, Palizzi, Pietrapennata e Staiti con singolari impianti urbanistici e pregevoli monumenti, ricchi di storia e tradizioni. Ma nonostante tali interessi la principale caratteristica del Sentiero dell’Inglese non è l’ambiente ma la gente. In un mercato turistico dove le offerte proposte sono spesso avulse dal territorio che si percorre, il Sentiero dell’Inglese coinvolge direttamente le popolazioni locali.
Ma non era finita lì. Nel 2019 il Cammino ha conosciuto una nuova rinascita grazie all’impegno congiunto di Naturaliter, che ha gestito e potenziato l’eredità di Nuove Frontiere, e Compagnia dei Cammini, che hanno lavorato per ridisegnare il percorso, aggiornare la segnaletica e offrire nuovi servizi ai viaggiatori. Da allora, il Sentiero dell’Inglese è divenuto uno dei cammini di maggior successo del meridione d’Italia ospitando migliaia di turisti provenienti da tutto il mondo con decine di guide che accompagnano ed anche escursionisti che si muovono autonomamente. Ha quindi stimolato il territorio nella nascita di piccole realtà imprenditoriali, rifugi, agriturismi, ricettività, ristorantini. Un considerevole impatto economico che ha consentito a diversi giovani di rimanere a lavorare nella propria terra e dare una speranza al futuro di alcuni paesi dell’interno.
Sentiero dell’Inglese: un cammino lungo trent’anni.
Approfondimenti.
Trovate descrizione delle tappe, alloggi, mappa escursionistica e altre info nel
sito ufficiale del Sentiero dell’Inglese
Una guida cartacea è stata realizzata da Aspromonte Lab
https://aspromontelab.bigcartel.com/product/asproguida-il-sentiero-dell-inglese
Un articolo del 1995 sulla Rivista della Montagna
Progetto società Eco&Eco “Ospitalità diffusa in Aspromonte orientale”
Edward Lear: biografia, viaggio in Aspromonte e disegni in https://www.laltroaspromonte.it/storie/edward-lear-diario-di-un-viaggio-a-piedi/