No, tranquilli, non si tratta di un incendio nel cuore dell’Aspromonte.
È quanto riferiscono le cronache di oltre un secolo fa quando si credette che Montalto potesse essere divenuto un vulcano. Notizia che ho trovato sulla rete, probabile fake news, ma che ho voluto approfondire.
Effettivamente all’Archivio di Stato di Reggio Calabria (INV. 38, B. 25, N. 833) ho trovato la corrispondenza che pubblico.

Siamo nel gennaio del 1895. Appena due mesi prima, il 16 novembre del 1894, si era scatenato un terribile terremoto nel circondario di Palmi che aveva provocato danni, feriti e morti.
Le scosse sismiche si susseguirono per diverso tempo e la popolazione era in preda al terrore.
In questo clima di paura mista ad ignoranza si colloca quanto scrive il 24 gennaio del 1895 un certo signor Greco da Sant’Eufemia in un telegramma indirizzato al Prefetto di Reggio Calabria:

Contadini, reduci monti, esterrefatti riferiscono apertura cratere Montalto eruttante colonna fumo rosseggiante. Procederemo ispezione, riferirovvi. Avvisate Comitato”.

L’indomani Michele Fimmanò, Regio Commissario per la gestione dell’emergenza terremoto, aggiunge particolari telegrafando, sempre da Sant’Eufemia, al Prefetto:

“Seppi stamane via Delianuova che tre contadini colà arrivati narravano delle cime di monti prospettanti Montalto aver osservato che dalla sommità di esso monte veniva fuori un enorme colonna fumo rosseggiante simile ad un pino piegantesi a terra col vento, e che poi si raddrizzava. I tre contadini tornavano Delianuova esterrefatti. Non le ho telegrafato perché fenomeno fumo simile ad un pino, forma osservata Plinio anno 79 Cristo, Vesuvio, mi ha sorpreso ed ho disposto esplorazione domani facendola intesa risultati”.

La notizia, quindi, prende sempre più corpo e rimane solo da attendere che gli esploratori compiano la loro missione. Nel frattempo, la paura si diffonde tra la popolazione.

Ma il terzo, e anche ultimo, telegramma del Regio Commissario il 26 gennaio recita:

“Esploratori mandati osservare Montalto ritornano senza essersi potuti avvicinare immensa quantità neve caduta. Da Delianova mi arrivano notizie che luoghi presso Montalto da più tempo osservavansi fenditure del suolo in senso trasversale, rispetto al corso di fiumi e che in quella località vi furono sempre scoscendimenti e frane. I rombi che spesso si avvertono pare procedano dal Montalto, e ier sera ore 18,50 fu avvertito rombo enorme, mugghiante accompagnato vivo bagliore. A saper cosa occorre tempo sereno e che neve dacciata (ndr “ghiacciata”) permetta potervisi avvicinare.”

Rimase perciò un mistero cosa fosse la “colonna di fumo rosseggiante” e il “rombo enorme, mugghiante accompagnato vivo bagliore”.
Quello che possiamo affermare con certezza è che Montalto non fu mai un vulcano se non per un fenomeno di suggestione collettiva.
Insomma, una fake news di oltre un secolo fa.

P.S.: appena 6 anni dopo, nel 1901, proprio sul Montalto venne tranquillamente installata la statua del Redentore.

A proposito di un vulcano in Aspromonte altrettanto falso è che alcune pietre con caratteristiche vitree ritrovate nell’area di Ferraina siano lava. Lo ha spiegato di recente il prof. J. Robb.

di Luigi Dattola

L’Aspromonte offre spesso spettacoli naturali poco noti ai più. Da qualche decennio, però, grazie anche all’iniziativa di gruppi escursionistici organizzati, associazioni e/o di singole persone interessate al territorio calabrese per i suoi molteplici aspetti, si sta riscoprendo una Calabria poco conosciuta in ambito italiano se non addirittura nello stesso ambito regionale. A volte basta poco per riscoprire un luogo, farlo conoscere ed apprezzare sia per il suo interesse naturalistico che per quello scientifico in senso stretto.

Si trova riportato in un volume scritto da Melograni, “Descrizione geologica e statistica di Aspromonte e sue adiacenze” del 1823, di alcune miniere di rame lungo il corso del torrente Valanidi che, gestite dai tedeschi, avevano fornito minerale alle fonderie di Reggio Calabria. Tuttavia, a parte il minerale estratto dal cunicolo lungo la Stroffa, affluente del Valanidi, le ricerche non avevano dato esito ed erano state per questo abbandonate.
Tale argomento, comunque, doveva aver avuto un certo rilievo dal momento che diversi autori ne avevano fatto cenno, tra questi De Stefani nel 1883 ed Emilio Cortese, nel suo volume “Descrizione geologica della Calabria” del 1935, ancora oggi ricco di interessanti spunti per ricerche di natura geologica nel territorio calabrese.

La località si trova nelle vicinanze il centro abitato di Trunca ed era stata esplorata con rilievi di superficie e, come già accennato, attraverso la realizzazione di piccoli cunicoli scavati a mano nella dura roccia metamorfica che caratterizza i luoghi.
Fatti di questo genere, in una regione che raramente ha visto l’interesse per lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, oggi fanno certamente notizia, immaginiamo quanto risalto abbia potuto avere 150-200 anni fa e oltre.
I racconti relativi a tali ricerche, infatti, sono ancora oggi vivi fra gli abitanti del posto, anziani o giovani che siano e si tramandano di padre in figlio come fossero leggende, qualche volta ingigantendo la realtà.
Prima ancora di avere tra le mani testi che mi facessero conoscere l’esistenza di vecchie ricerche di rame ho avuto la fortuna, in una delle mie tante esplorazioni mineralogiche, di conoscere persone del luogo che mi posero la domanda: “circati a petra virdi?”. Di lì a poco mi trovai davanti a un anziano signore che abitava nella piccola frazione di Sapone che mi diele le informazioni per raggiungere un posto “speciale”.

Le indicazioni e le descrizioni avute lasciavano facilmente intuire la possibilità di rinvenire, quantomeno, mineralizzazioni interessanti. Con le informazioni appena ricevute la mia escursione proseguì lungo il torrente e, venendo fuori da una zona invasa dalla vegetazione, mi trovai davanti uno spettacolo tanto straordinario quanto insolito: una porzione di costone roccioso dalla colorazione verde-blu molto accesa che spiccava sullo sfondo scuro. Da alcune fratture della parete rocciosa trasudava acqua ricca di composti del rame e del ferro (carbonati e solfati idrati). Poco a monte, inoltre, rinvenii azzurrite e malachite che riempivano le piccole fratture della roccia.

È evidente come ciò rappresenti un fenomeno di rilevante interesse scientifico, trattandosi di un ambiente di neoformazione per alcuni minerali che, tante volte, si cerca di ricostruire in laboratorio con costi elevati, ma anche un luogo di grosso interesse naturalistico ed estetico.
Altre volte mi sono recato sul posto a prelevare campioni da sottoporre ad analisi e per condurvi docenti dell’Università della Calabria che hanno mostrato interesse per il fenomeno. Dalle ricerche e dalle analisi compiute presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’UNICAL oggi sappiamo che, oltre alla malachite e all’azzurrite, si è identificata la calcantite la serpierite e la woodwardite, minerale esteticamente non pregevole ma raro.

Didascalie dei campioni minerali
2 Azzurrite su matrice rocciosa costituita da gneiss. Campione 15x9cm
3 Associazione di microcristalli di azzurrite. Campo inquadrato: 5mm circa
4 Microcristalli di calcantite. Campo inquadrato: 4.6mm circa

Fonti

  • Cortese E. (1934). Descrizione geologica della Calabria. Tipografia Mariano Ricci, Firenze (ristampa della I edizione del 1895).
  • De Stefani C. (1882). Escursione scientifica nella Calabria (1877-78). Jejo, Montalto e Capo Vaticano. Atti della Reale Accademia dei Lincei, serie 3, Memorie, Classe di scienze fisiche, matematiche e naturali, 18, pp. 3-290.
  • Melograni G. (1823). Descrizione geologica dell’Aspromonte e sue adiacenze con aggiunta di tre memorie concernenti l’origine dei vulcani, le grafiti di Olivadi e le saline delle Calabrie, nella stamperia Simoniana, Napoli.

Nei pressi interessante la Grotta della Lamia