Passo della Zita: non fu solo la fidanzata a morire ma…
Alla Portella di Bova, a monte del paese, viene attribuito il nome “Passo della Zita” per la leggenda di una “zita” (fidanzata) che si buttò nel vuoto pur di non sposare un uomo che non amava.
Ma passando dal racconto tradizionale alla realtà è singolare che qualche decennio fa questo luogo sia stato funestato da un evento tragico. Esiste infatti una vecchia croce in ferro senza alcuna indicazione del nome di chi morì e quando. Con una caparbia ricerca ho potuto fare luce su quanto accadde diverso tempo fa.
Ecco la testimonianza del dr. Vincenzo Bagnato, all’epoca funzionario del Corpo Forestale dello Stato.
“Negli anni ’80 del secolo scorso, facendo seguito ad altri positivi e precedenti interventi biologici di lotta fitosanitaria su pinete infestate dalla processionaria, utilizzando il Bacillus thuringiensis, mediante irrorazione con elicotteri, il Corpo Forestale dello Stato, con finanziamenti della Regione Calabria, intervenne per il trattamento di quasi 4 mila ettari di pineta di Pino Laricio, ripartiti su circa 30 Comuni aspromontani.
Per la esecuzione dei lavori, erano state predisposte diverse basi operative montane, baricentriche alle zone da irrorare. Una di queste era stata localizzata in località Campi di Bova in agro di Bova.
Il 26 ottobre del 1984, ultimato l’intervento in quella zona, l’elicottero doveva trasferirsi al vivaio forestale di Cucullaro (S. Stefano in Aspromonte). Ma quella mattina il pilota dell’elicottero volle eseguire, per conto dell’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria, la posa in opera di rete zincata a protezione della pendice quasi a strapiombo ed instabile, delimitante la strada provinciale in località Passo della Zita. Il pilota, un valdostano, per alleggerire il velivolo, ne fece smontare le portiere e trasportò i rotoli di rete sulla stretta base di appoggio situata in sommità alla pendice dove si trovava l’operaio Sergio Cancellara di 24 anni. Quest’ultimo dava indicazioni via radio al pilota dell’elicottero. Stesa la rete e quindi terminato il lavoro l’elicottero si era abbassato a pochi metri da terra per consentire a Sergio di salire a bordo. Era un’operazione consueta che però ebbe un tragico epilogo.
Infatti, il velivolo rimase agganciato con un pattino alla rete metallica già stesa e si inclinò paurosamente. Proprio nell’attimo in cui l’operaio stava per salirvi. Questi, prevedendo il disastro, cercò di saltare per aggrapparsi alla rete ma, mancando la presa, precipitò sulla sottostante strada provinciale schiantandosi da oltre cinquanta metri.
Soccorso dagli stessi compagni di lavoro venne trasportato con l’elicottero all’aeroporto di Reggio Calabria ma il sanitario dello scalo aereo non poté far altro che constatare il decesso del giovane operaio.
Il sottoscritto, Direttore dei Lavori per quell’intervento fitosanitario, nella qualità di funzionario del Corpo Forestale dello Stato, si trovò ad affrontare una dolorosissima ed inimmaginabile esperienza! Dalla impreparazione e disorientamento dell’impresa; alle pratiche amministrative previste; dal sopralluogo con il medico legale; alla benedizione della salma presso l’obitorio del cimitero di Reggio fino all’avviso ai poveri genitori residenti a Canelli (Asti) ed al susseguente e straziante incontro con loro.
Di questo giovane tecnico, di modeste origini meridionali (Basilicata), ricordo la generosità e la disponibilità ad effettuare a regola d’arte i compiti assegnati.
A distanza di 40 anni rimane scolpito nella mia memoria quel dramma, che poteva essere evitato se l’impresa non si fosse lasciata condizionare dal tornaconto economico, sacrificando la vita di un innocente che aveva profondamente creduto nel suo riscatto verso un avvenire più dignitoso.”
Altri particolari sulla vicenda si possono leggere nell’articolo pubblicato sulla Gazzetta del Sud che riporto tra le immagini.
Ringrazio la responsabile Ufficio Anagrafe del Comune di Canelli Dott.ssa Vanda Cellino, il Dr. Francesco Palamara insieme al personale della Biblioteca della Regione Calabria, il vicesindaco di Bova Dr. Gianfranco Marino e Giuseppe Di Crea.
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