Il ghiro: un dormiglione ricercato
Conoscerete il ghiro o quantomeno saprete che è un piccolo roditore famoso per il suo sonno prolungato e la sua irresistibile dolcezza. Meno simpatico quando infesta i solai delle case rurali provocando danni alle travi in legno.
Il ghiro (Glis glis) è un animale notturno diffuso in tutta Europa, dalla pianura ala montagna. Arboricolo, predilige frutteti e boschi di querce e latifoglie in genere. Lungo circa 30 cm di cui quasi metà è la coda e pesa meno di 100 gr. Pelliccia grigio cenere e bianca sul ventre.
Passa gran parte della sua vita a dormire. Durante l’inverno entra in un lungo letargo, per lo più in cavità degli alberi, che può durare fino a sette mesi! Questo letargo è il modo in cui il ghiro conserva energia e sopravvive ai rigori dell’inverno, quando il cibo è scarso.
Ma il ghiro non è solo un grande dormiglione. È anche un abile scalatore e un esperto nel trovare rifugi sicuri nei tronchi degli alberi o nelle cavità delle rocce. La sua dieta varia a seconda della stagione: si nutre di frutta, ghiande, insetti e piccoli vertebrati.
Se in pericolo cerca di distrarre il predatore staccandosi la coda, come le lucertole. Il meccanismo di difesa si definisce autotomia. Alcuni animali, se soggetti a predazione, si amputano parti del corpo per disorientare il predatore che spesso viene distratto dal parziale “bottino” consentendo all’inseguito di fuggire. A differenza delle lucertole però al ghiro la coda non ricresce.
Curiosità: il ghiro è noto per il suo “chatter”, un suono che emette per comunicare con i suoi simili. Ha infatti una vita sociale molto sviluppata e vive spesso in piccoli gruppi familiari. Il ghiro, in grecanico detto “oddìo”, può arrivare a vivere anche oltre dieci anni e pare che tale longevità sia dovuta all’effetto benefico del letargo.
Il ghiro era considerato una prelibatezza per le sue carni dagli antichi romani. Veniva cacciato e allevato in speciali contenitori chiamati “gliraria”.
Fino al 1977, anno di promulgazione della legge 968, rientrava tra le specie cacciabili. Attualmente è protetto dalla L.157/92, la c.d. legge sulla caccia, ed in Calabria, in relazione alla normativa nazionale, dalla L.R. 9/96 che ne vieta la caccia, la cattura e la detenzione.
Nonostante ciò, in Aspromonte è ancora ricercato. Un tempo si cacciava nelle notti di luce piena, ma con l’avvento della tecnologia si passò alle torce elettriche montate su fucili di piccolo calibro, con le quali una volta abbagliato è un facile bersaglio. Utilizzano anche le trappole poste sugli alberi attraendolo con castagne, noci o ghiande. In montagna se ne trova un’ampia varietà: dalla “praca”, la più antica fatta con due pietre piatte e un ingegno, a quelle più moderne, sorprendenti per i tanti materiali usati. Negli ultimi decenni gli incendi sono responsabili della riduzione del suo habitat.
n.b.: alcune immagini sono tratte dal web
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