La cupola di San Silvestro

di Giuseppe Arcidiaco

A circa 2 km da Gambarie, al confine tra i territori di Reggio Calabria e di Santo Stefano d’Aspromonte, si trova il rudere di un edificio, riportato sulle carte topografiche dell’IGMI come Grotta di San Silvestro. Tale denominazione è, però, impropria in quanto non si tratta di una cavità naturale, bensì del catino absidale di quello che presumibilmente era stato un luogo di culto di epoca bizantino-normanna (databile attorno al XII secolo) collocato sull’antica via che collegava la marina di Gallico al profondo Aspromonte ed al santuario di Polsi.
Il manufatto sorge nella zona oggi denominata due fiumare, in quanto vi confluiscono i torrenti Chalica (anche detto Troia, asta principale del Gallico) e Mitta. Nessuna testimonianza o documentazione è stata, al momento, trovata riguardo la sua funzione, che rimarrà una questione aperta finché un’eventuale campagna di scavi archeologici non porterà alla luce le restanti strutture murarie, attualmente interrate. Sull’edificio, incassato alle pendici del monte Basilicò, aleggiano diverse leggende legate al Santo, il quale si sarebbe ritirato in meditazione in questi luoghi dell’Aspromonte oppure ivi rifugiato per sfuggire alle persecuzioni. Per tali ragioni gli sarebbe stata dedicata una chiesa. Tutto ciò è frutto della tradizione popolare e privo di fondamento storico, sebbene nei secoli l’Aspromonte sia stato la dimora di numerosi eremiti basiliani dediti al lavoro, alla preghiera ed alla contemplazione. La spiritualità orientale di rito greco, all’epoca diffusa tanto sulle coste ioniche della Calabria quanto nell’entroterra aspromontano, non era caratterizzata da grandi cenobi ordinati secondo regole monastiche scritte e ben definite; era, invece, molto spontanea e praticata da singoli eremiti ed asceti che trovavano riparo in romitori isolati tra le montagne, lontani dai centri abitati. Tesi alternative riguardo la funzione del rudere suggeriscono, infatti, l’iniziale presenza di una grotta naturale, rifugio del Santo o, più probabilmente, di qualche altro eremita, a cui sono state successivamente aggiunte strutture murarie per enfatizzarla, glorificarla o magari proteggerla dalle piene dei torrenti.

Papa Silvestro I, pontefice dal 314 d.C. al 31 dicembre 335 d.C. e venerato come santo dalla Chiesa Cattolica (si celebra l’ultimo dell’anno, giorno della ricorrenza della sua morte), visse ai tempi dell’imperatore Costantino che, stando alla leggenda, guarì dalla lebbra suscitandone la conversione al cristianesimo. Ma, più che a San Silvestro, la denominazione del rudere potrebbe essere legata al termine latino silva, che sta per selva o bosco; a tal proposito ricordiamo la Chiesa di Santa Maria del Bosco sita all’interno del centro abitato della vicina Podargoni. A favore dell’ipotesi dei resti di una chiesa bizantina, sono in parte visibili, all’interno dell’abside, due piccole nicchie simmetriche di forma rettangolare riempite di sedimenti, presumibilmente con le funzioni di pròthesis e diakonikòn. Nelle chiese di rito orientale, la pròthesis era la zona a sinistra del presbiterio (bema), dove venivano conservate le offerte della mensa eucaristica, mentre il diakonikòn, a destra, era destinato ai diaconi, alla raccolta delle offerte dei fedeli ed al deposito delle suppellettili sacre; entrambe le strutture erano generalmente dotate di abside. Nel rudere non è, invece, visibile il piano di calpestio perché completamente interrato. Inoltre, era consuetudine che l’altare fosse rivolto ad oriente; in questo caso, l’arco absidale, lievemente ogivale, risulta orientato ad est-nord-est (70°). I materiali utilizzati sono pietra e pomice lavica.

La presenza di una chiesa immersa nella boscaglia e lontana dai centri abitati è la testimonianza di una montagna profondamente antropizzata sia per l’industria boschiva, che reggeva l’economia di interi comuni, sia per i continui pellegrinaggi verso il santuario di Polsi da tutta la Calabria e dalla Sicilia. Risale al 1152 infatti un episodio narrato nella biografia di San Lorenzo di Frazzanò (Messina) che trovandosi a Santa Domenica di Gallico (RC) si recò a Polsi.
L’alveo del Gallico, ben diverso dall’attuale, era appunto tra le principali vie di comunicazione e di scambio, in particolare per chi attraversava lo Stretto per raggiungere l’Aspromonte.
Ora avvolto da una vegetazione impenetrabile nel passato il sottobosco era invece utilizzato per gli usi civici e persino il greto del fiume veniva coltivato, seppur stagionalmente, con le nasite, “piccole isole”.

La Grotta di San Silvestro può essere raggiunta da diversi punti (Podargoni, Mannoli, Santo Stefano, Basilicò) ma resi disagevoli per l’abbandono dei luoghi e il ritorno prepotente della natura che sta riprendendo gli spazi una volta curati dall’uomo. L’itinerario che suggeriamo ha inizio da Santo Stefano, evidente per un tabellone che lo illustra e posto sulla SP7 nei pressi della Fondazione Exodus.
Per la descrizione del percorso rimandiamo a pag. 237 del libro Passi, natura e storia in Aspromonte dal quale sono tratte le informazioni tecniche e costruttive relative al rudere.
Un luogo celato da una fitta vegetazione dove un antico manufatto, seppur misterioso, ci parla della ricchezza dell’Aspromonte.

Approfondimenti
L’episodio di San Lorenzo di Frazzanò è narrato nel libro Montalto, cima dell’Aspromonte
I dati dendrometrici dell’eucalipto sono riportati, insieme a molti altri alberi, nella Mappa degli alberi monumentali

Note: non esistendo immagini dell’ipotetica chiesa di San Silvestro, tra le figure si riportano le rappresentazioni di pianta, prospetti e sezione della Cattolica di Stilo, massimo esempio di architettura medio-bizantina calabrese, tratte da Charles A. Cummings, A history of architecture in Italy from the time of Constantine to the dawn of the Renaissance, 1901.
Si ringrazia Stefano De Luca

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